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EASD 2025: in 5 punti tutto quello che c’è da sapere

Anche quest’anno FID era presente all’EASD, il congresso annuale della European Association for the Study of Diabetes, per tenervi aggiornati su tutte le novità della ricerca di una cura al diabete di tipo 1. Il congresso era a Vienna e si è concluso la scorsa settimana e per la prima volta si è parlato moltissimo di diabete di tipo 1.

Ecco qui il riassunto in 5 punti della nostra Direttrice Generale, Francesca Ulivi.

  1. Il miglio si accorcia per arrivare a terapie cellulari per tutti

Da anni si parla della possibilità di sostituire le cellule beta distrutte dal sistema immunitario nel diabete di tipo 1. Finora è stato possibile grazie alle infusioni/trapianti di isole da pancreas di persone decedute e con immunosoppressione. Una terapia cui possono avere accesso pochi di noi, e solo se hanno alcune complicanze. Gli aggiornamenti presentati a Vienna sono stati moltissimi:

  • Il trial più avanzato riguarda il prodotto “zimislecel”, terapia con staminali che producono insulina, con immunosoppressione: su 12 partecipanti, 10 sono liberi dalle iniezioni di insulina da almeno un anno. Vertex sta reclutando nuovi partecipanti per la fase successiva e a breve sottoporrà Zimislecel all’approvazione della FDA.
  • Tecnologie innovative come idrogel impiantabili o cellule trattate con la tecnologia ipoimmune (Sana) stanno aprendo la strada a trapianti senza necessità di immunosoppressione cronica. Alcuni esempi presentati sono AdoShell di Adocia (Francia), o le soluzioni presentate dalla startup Allarta.
  • Aziende e laboratori di ricerca stanno portando questi approcci sempre più vicini alla pratica clinica: non c’è un solo laboratorio o un solo paese che ci sta lavorando, ma molti, in tutto il mondo.

Queste terapie, una volta eliminata o ridotta l’immunosoppressione potrebbero liberare i 9 milioni e mezzo di persone con diabete di tipo 1 dalle iniezioni di insulina.

  1. Il miglio si accorcia anche nella prevenzione del diabete di tipo 1

Preservare anche solo una parte della funzione delle cellule beta in esordio di malattia o prima dell’esordio significa rallentare la progressione del diabete, ridurre complicanze e in futuro si spera fermarlo e prevenirlo. All’EASD sono stati presentati dati importanti su diverse terapie:

  • MELD-ATG ha mostrato che una dose molto bassa di ATG (farmaco usato nei trapianti) può mantenere più a lungo la produzione naturale di insulina, con meno effetti collaterali.
  • Verapamil, un farmaco per la pressione, ha dato risultati contrastanti: nessun effetto significativo nei 12 mesi di studio, ma segnali interessanti che giustificano ulteriori ricerche.
  • Baricitinib, la prima terapia orale che modifica il corso della malattia, ha mostrato la capacità di ritardare la progressione del T1D; tuttavia l’effetto scompare alla sospensione del trattamento.

Sono tutti passi fondamentali per arrivare a farmaci che non curano i sintomi, ma bloccano la malattia alla radice e che in futuro potranno permettere di non far ammalare più nessuno.

  1. L’Italia ha fatto la storia con la legge sugli screening: un “consensus” internazionale raccomanda quel che è scritto nella legge

Un gruppo internazionale di esperti ha raggiunto un consenso sullo screening del diabete di tipo 1 che verrà pubblicato a breve, ma che è stato presentato all’EASD. Le raccomandazioni sono le stesse presenti nella legge 130/23 promossa e sostenuta da FID due anni fa.

Ecco cosa dice il consensus:

  • Si raccomanda lo screening degli autoanticorpi (gli unici che predicono la malattia) e non lo screening genetico (che predice solo una eventuale predisposizione)
  • Si raccomanda lo screening di tutti i bambini, non solo dei familiari di persone con diabete di tipo 1, perché più del 95% delle persone con diabete di tipo 1 non ha familiari con la malattia e gli esordi in chetoacidosi in questi casi sono più frequenti
  • Identificare i bambini prima dell’esordio clinico, riducendo il rischio di chetoacidosi.
  • Identificare le fasi prodromiche della malattia permette di avviare tempestivamente trattamenti sperimentali o approvati che rallentano la progressione.
  • Lo screening evita il trauma dell’esordio in ospedale o terapia intensiva alle famiglie e da loro più tempo per prepararsi e imparare a gestire la malattia.

Tutti i programmi di screening fatti con finalità di ricerca raccomandano quanto sopra. Ora speriamo che il governo italiano e le Regioni finalmente diano applicazione in tutto il territorio alla legge. Senza lo screening continuano gli esordi in chetoacidosi e non si accellera la ricerca per prevenire la malattia!

  1. “Diabetes Distress”: per la prima volta presentate delle linee guida ufficiali, che riconoscono il problema e lo affrontano.

Questo punto non ha a che fare con la ricerca, ma con la quotidianità di tutto noi: il “diabetes distress” è il peso emotivo e psicologico della gestione quotidiana del diabete (frustrazione, senso di colpa, sopraffazione), diverso dalla depressione ma ugualmente importante per la qualità della vita. All’EASD sono state presentate le linee guida ufficiali per aiutare medici e operatori a:

  • valutare e trattare il distress in contesti clinici reali
  • offrono una griglia di classificazione che indirizza le decisioni terapeutiche e promuovono la standardizzazione della cura

La cura del diabete non riguarda solo insulina, glicemie e tecnologie, ma anche la salute emotiva di chi convive con la malattia ed è fondamentale che il sistema socio-sanitario riconosca e si prenda cura del problema. Per arrivare alla cura definitiva senza complicanze e senza esaurimenti.

  1. Orgoglio italiano: il nuovo Presidente dell’EASD è Francesco Giorgino e sarà cn noi alla prossima “Domenica della Ricerca”

Il professor Francesco Giorgino, endocrinologo di Bari e ricercatore di fama internazionale diventerà presidente dell’EASD a partire da gennaio 2026.
Il professor Giorgino sarà ospite della prossima puntata della “Domenica della Ricerca” dedicata proprio all’EASD 2025: stiamo decidendo la data, quindi seguiteci per sapere quando sarà, preparate le domande per lui e partecipate!

L’EASD 2025 ci lascia un messaggio chiaro: la ricerca non si ferma, è un momento particolarmente e passo dopo passo ci avvicina a una vita migliore per chi convive con il diabete di tipo 1.

FID continua a sostenere la ricerca più promettente e a fare pressione sulle istituzioni perché siano con noi in questo sforzo, ed è qui ogni giorno per aggiornarvi sulle novità, con l’obiettivo di arrivare a ciò che tutti noi desideriamo: una cura definitiva.

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DIABETE DI TIPO 1 AL LAVORO: 10 COSE DA RICORDARE AI TUOI COLLEGHI 

Hai il diabete di tipo 1 e sei al lavoro?Tra riunioni, deadline e pause caffè, spiegare davvero cosa significhi convivere con il diabete di tipo 1 sul posto di lavoro non è sempre facile.  

Ecco 10 cose – a volte scomode – che i tuoi colleghi dovrebbero sapere: 

  1. Non è solo questione di “non mangiare dolci in pausa caffè”
    Il diabete di tipo 1 non dipende dalla dieta. Non basta dire “evita la brioche” per risolvere la situazione. Ogni giorno devo fare i conti con controlli glicemici, dosi di insulina e un equilibrio costante tra alimentazione, attività fisica e stress. Il diabete di tipo 1 è molto più complesso di un semplice “non puoi mangiare zuccheri”. Peraltro, gli zuccheri li possiamo e dobbiamo mangiare, facendo insulina. E, in caso di ipoglicemia, lo zucchero per noi diventa un salvavita!

 

  1. Ci sono notifiche che non posso silenziare, nemmeno in riunione.
    Porto sempre con me dispositivi che possono suonare, vibrare o lampeggiare in qualunque momento: sono il microinfusore e/o il sensore glicemico. Possono sembrare un cellulare o uno smartwatch, ma non lo sono. Quando emettono un allarme devo controllare subito la mia glicemia e agire velocemente, anche se sono in call o in riunione. E no, non posso levarli, nemmeno la notte quando dormo: senza l’insulina erogata dal micro purtroppo finisco in ospedale.

 

  1. Se guardo il telefono spesso, non sto scrollando su Instagram
    Può capitare che durante il giorno io debba controllare spesso il cellulare o un display: non è mancanza di rispetto né distrazione. Sto verificando i dati del sensore o del microinfusore, per assicurarmi che la glicemia sia stabile. Non significa che non stia prestando attenzione: sto solo tenendo d’occhio qualcosa che, per me, è fondamentale. Se ho il diabete di tipo 1 sono in grado di fare due cose assieme, perchè una parte del mio cervello è sempre impegnata a fare il pancreas.

 

  1. Una pausa bagno extra non è “per perdere tempo”
    Quando la glicemia è alta, qualsiasi corpo reagisce così: devo andare in bagno più spesso e bere di più. Non è una scusa per sfuggire al lavoro, né un modo per allungare la pausa. È un sintomo fisiologico del diabete, che devo rispettare per stare meglio e rimettermi a lavorare con lucidità.

 

  1.  Se mi vedi più lento o confuso, dammi un poco di tempo in più

Il diabete influisce sulla concentrazione e sull’energia. Una glicemia troppo alta o troppo bassa può rallentarmi, rendermi meno lucido o farmi commettere errori. Non significa che io non abbia voglia di lavorare, ma che in quel momento il mio corpo e la mia mente sono affaticati e hanno bisogno di più tempo.  

  1.  Lo zucchero, il glucosio e il glucagone nei casi più gravi mi salvano la vita.

In caso di ipoglicemia, ovvero quando la glicemia va sotto 70 mg/dl, ho bisogno immediato di prendere zucchero o glucosio ed è qualcosa che sono abituato a fare da solo. Tuttavia, nei casi di ipoglicemia molto grave potrei perdere i sensi, sragionare o non riuscire a prendere da solo lo zucchero. Fammi sapere se in quei casi posso contare su di te, così posso spiegarti brevemente cosa fare.   
 

  1. Se a volte ho bisogno di più tempo o chiedo lo smart working, non lo faccio perché voglio lavorare meno
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    Il diabete a volte pesa sul mio ritmo di lavoro. Notti insonni, glicemie alte o problemi con i device possono rallentarmi, anche quando ci metto tutta la mia energia e concentrazione. Non sempre la produttività dipende solo da me, anche se faccio del mio meglio per dare sempre il massimo. Allo stesso modo nei giorni in cui il diabete prende il sopravvento lo smart working mi potrebbe aiutare a rimettermi in carreggiata senza perdere produttività.

 

  1. Non fare battute sul diabete, se non sai di cosa parli
    Lo so che a volte le battute sembrano leggere o simpatiche, ma in realtà possono ferire. Frasi come “basta pasticcini che ti viene il diabete” minimizzano quello che vivo ogni giorno e mi fanno sentire etichettato. Se non conosci bene la mia situazione, è meglio evitare. Se vuoi approfondire cosa significhi, io sono sempre a disposizione per parlarne.

 

  1. Gestire il diabete è un lavoro extra, oltre al mio lavoro vero
    Dietro le mie attività quotidiane ci sono controlli costanti, calcoli, dosi, allarmi e correzioni. Una persona con diabete di tipo 1 prende in media 180 decisioni al giorno in più di chi non lo ha.  Tutto questo richiede energie e attenzione, e spesso avviene “dietro le quinte”. Io non mi lamento, ma per favore ricordati che per tutta la vita io ho due lavori: il mio lavoro e la gestione del diabete.

 

  1. La tua comprensione fa la differenza
    Non c’è niente di più bello di un collega o un capo che mostra empatia. Non serve trattarmi diversamente dagli altri, ma sapere che posso avere dei bisogni speciali e non devo sempre giustificarmi mi aiuta a lavorare meglio e con più serenità. Piccoli gesti di comprensione possono trasformare l’ufficio in un posto più inclusivo per tutti.

 

Infine, per te che hai il diabete: 

Se non sai come dire sul posto di lavoro che hai il diabete di tipo 1 o se hai bisogno di supporto legale e informativo per conoscere i tuoi diritti sul luogo di lavoro rivolgiti alla tua associazione di riferimento. 

Se non hai una associazione di riferimento contattaci e ti collegheremo con quella più vicino a te o con gli esperti che possono aiutarti (puoi scrivere a segreteria@fondazionediabete.org) 

Avere il diabete di tipo 1 non è una colpa, è importante che chi passa tanto tempo con te, come i colleghi di lavoro lo sappia e sappia come aiutarti in caso di bisogno.  

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Materiale informativo per insegnanti

Settembre è il mese delle ripartenze, soprattutto scolastiche! 

E come ogni anno anche i bimbi e ragazzi con diabete di tipo 1 si ritrovano ad affrontare un nuovo anno scolastico, magari una nuova classe e un nuovo insegnante a cui spiegare cosa vuol dire avere una malattia autoimmune da gestire continuamente durante l’orario scolastico.

È fondamentale quindi che gli insegnanti abbiamo tutte le informazioni necessarie per conoscere il diabete di tipo 1 e sapere cosa fare in caso di necessità.

Per questo abbiamo preparato due guide, una per bimbi e una per ragazzi, che si possono scaricare e stampare, o semplicemente condividere, da lasciare agli insegnanti – o a chi si occupa dei nostri bimbi o passa la giornata con i nostri ragazzi – per fornirgli una base di informazioni sul diabete di tipo 1.

Le domande sono tante, ma l’informazione e la conoscenza sono il primo strumento per fare in modo che i bimbi si sentano accolti e al sicuro e che anche i ragazzi più grandi possano vivere serenamente il percorso scolastico!

ps. il documento per i bimbi è stampabile in formato A3, abbiamo realizzato anche un formato in cui è possibile inserire il logo e/o i contatti dell’Associazione locale di riferimento.