Quando inizio ad allenarmi, non porto solo l’attrezzatura sportiva.
Porto anche un sensore, un microinfusore o delle penne d’insulina, e la consapevolezza che ogni allenamento è un nuovo viaggio di conoscenza e crescita.
Fare sport con il diabete di tipo 1 è possibile.
Non serve proteggermi o escludermi, ma capirmi e ascoltarmi.
L’attività fisica è una parte fondamentale della mia vita e, con il giusto supporto, può diventare anche una grande alleata nella gestione del diabete.
Capirmi non significa trattarmi diversamente dagli altri. Significa allenare anche la fiducia.
Ecco 10 cose – vere, concrete e spesso fraintese – che ogni allenatore/allenatrice dovrebbe sapere quando allena una persona con diabete di tipo 1.
- Posso fare qualsiasi sport, a qualsiasi livello
Non c’è un “non puoi” nel diabete di tipo 1. Posso correre, nuotare, sollevare pesi, competere. Il diabete è una patologia che richiede attenzione e conoscenza. Dietro ogni atleta con diabete c’è un lavoro extra: imparare a conoscere il proprio corpo e capire come reagisce a ogni tipo di allenamento. Con il giusto equilibrio, posso fare tutto.
- Se ti dico che devo controllare la glicemia, non sto cercando scuse
Durante un allenamento o una gara, controllare la glicemia è un gesto necessario, che mi mette in sicurezza, può significare fermarsi un minuto per capire come sto. Non è una pausa “per comodità”. A volte serve prima, durante o dopo l’attività: fa parte del mio allenamento, come il riscaldamento o lo stretching.
Per favore, evita commenti fuori luogo e non farmi pesare il fatto che devo farlo.
Può capitare che usi il telefono per leggere la glicemia o per controllare
un’app collegata al sensore.
Non è distrazione: è parte della mia gestione quotidiana della malattia.
- Non ho paura di faticare, ma devo gestire i miei tempi
L’intensità, la durata e il tipo di esercizio possono far oscillare la glicemia in modi diversi. A volte ho bisogno di partire con un po’ di zuccheri in più, altre di rallentare per evitare un’ipoglicemia. Lasciami il tempo di capire il mio corpo: non è mancanza di grinta, è consapevolezza. Imparare a conoscersi è parte della disciplina sportiva. Aiutami a fare le cose con equilibrio, non a rinunciarci per paura.
- Non trattarmi come “quello/a che deve sempre mangiare”
Quando la glicemia si abbassa, devo agire subito.
Una bevanda, una barretta o delle caramelle non sono un semplice “snack”, ma strumenti di sicurezza che in certi casi mi salvano la vita.
I carboidrati semplici (come zucchero e glucosio) agiscono rapidamente e devono essere sempre a portata di mano.
Per questo porto con me una piccola borsa o zaino, contiene tutto ciò che mi serve e va tenuta vicino. È il mio salvavita.
Se mi vedi un po’ confuso/a, pallido/a o disorientato/a, chiedimi se sto bene e aiutami a prendere qualcosa di zuccherato.
È un gesto semplice, ma può fare la differenza.
- Non trattarmi con eccessiva cautela, ma con fiducia.
Le variazioni glicemiche non si vedono, ma si sentono.
Non serve allarmarsi o fermare tutto: serve ascolto e fiducia.
Se ti dico che ho bisogno di un momento, lasciami gestire la situazione.
Non è debolezza, è consapevolezza.
Un atleta o un’atleta con diabete sa riconoscere i propri segnali e agire in tempo: aiutami solo a farlo con serenità.
- Non giudicare una performance peggiore come mancanza di volontà o disciplina
Non tutti i giorni il mio corpo reagisce allo stesso modo: il diabete non segue schemi fissi.
Ci sono giornate in cui mi sento forte e altre in cui il mio corpo fa fatica, anche se mi impegno allo stesso modo. È quello che succede a ogni atleta.
L’importante è il percorso, non la singola prestazione.
- Se uso un microinfusore o un sensore, non preoccuparti
Servono per monitorare la glicemia in tempo reale o per somministrare insulina.
Possono vibrare o suonare: è normale.
Non ostacolano i movimenti, fanno parte di me.
Se vuoi capire come funzionano, chiedimelo pure — parlarne aiuta entrambi a gestire meglio gli allenamenti.
Non preoccuparti: so bene cosa devo fare.
- Non farmi sentire un rischio o un problema
La paura del giudizio, a volte può pesare più del diabete. A volte è difficile dire apertamente di avere il diabete, soprattutto in ambienti sportivi competitivi. Non farmi sentire un peso o un rischio per la squadra. Trattami come un atleta, non come un problema da gestire. Accogliere la mia malattia con naturalezza e rispetto mi permette di esprimermi al meglio, e anche di fidarmi di te.
- Evita paragoni con gli altri, e ascoltami
Ognuno ha i propri ritmi, a prescindere dal diabete di tipo 1. Non mi serve che tu sappia tutto sulla malattia, ma che tu sia disposto ad ascoltare e ad adattare qualcosa, se serve. Sapere dove tengo il glucosio, cosa fare se mi sento male o semplicemente chiedermi “tutto ok?” può fare la differenza.
- Lo sport mi aiuta a stare bene, anche con il diabete
Allenarmi migliora il mio equilibrio glicemico, la mia autostima e il mio benessere mentale. Lo sport è parte della mia terapia, non un rischio da evitare. Con un po’ di attenzione e comprensione reciproca, posso allenarmi senza problemi.
Lo sport non mi definisce nonostante il diabete.
Mi definisce insieme al diabete.
E questo fa tutta la differenza.
Allenare una persona con diabete significa allenare anche la fiducia, la conoscenza e il rispetto.
E quando c’è tutto questo, la performance arriva da sola.
Se ti ha fatto riflettere, condividilo: può aiutare qualcuno a sentirsi accolto e qualcun altro a capire meglio
Un grazie speciale a Cristina Cucchiarelli – Pronking – Sport & Diabete che ci ha aiutato a scrivere questo post.
